San Demetrio Ne’ Vestini
San Demetrio ne’ Vestini è un comune italiano con 1.926 abitanti circa, ubicato in Abruzzo nella Provincia dell’Aquila. Situato in un territorio prevalentemente pianeggiante, nella bassa valle dell’Aterno, fa parte della Comunità Montana Sirentina e del Parco Regionale Sirente Velino e dista soli 16 km. dal centro dell’Aquila (Capoluogo abruzzese).
La fondazione di San Demetrio Ne’ Vestini risale al lontano Medioevo e precisamente intorno ai secoli X e XI. Sin da allora appaiono anche le sette ville, contraddistinte con gli stessi nomi che ancora oggi conservano: Cavantoni, Colle, Cardabello, Collarano, Cardamone, San Giovanni, Villa Grande e la frazione di Stiffe. Deve il suo nome forse alla dea Demetra (Cerere) o, come credono in molti, al culto sviluppatosi nel Medioevo di San Demetrio, Santo di Tessalonica martirizzato durante le persecuzioni di Massimiano nel III secolo d.C. (fu trafitto da lance nei fianchi intorno al 306, durante le persecuzioni contro i cristiani volute dall’imperatore romano Diocleziano o forse Galerio – fonte Wikipedia). La storia di San Demetrio è strettamente collegata con quella della città di L’Aquila. Nell’unica frazione di San Demetrio sono ubicate le Grotte di Stiffe, un esempio di carsismo sotterraneo e possono essere definite tecnicamente una “risorgenza attiva”, cioè una cavità dal cui ingresso fuoriesce un corso d’acqua (che precedentemente scorreva in superficie). Gli inghiottitoi della grotta si trovano sull’altopiano delle rocche e il più grande è Pozzo Caldaio. Il percorso turistico è lungo circa 700 mt. ed è caratterizzato dalla presenza del fiume che crea, all’interno della grotta, cascate e laghetti di spettacolare bellezza. Numerose sono anche le formazioni calcaree quali stalattiti, stalagmiti, colate, colonne. Nei primi anni del ‘900, si pensò di sfruttare questa grande risorsa d’acqua costruendo una diga per l’alimentazione di una centrale idroelettrica. Solo con l’abbattimento della diga, che chiudeva la grotta, ci furono le prime esplorazioni speleologiche (intorno al 1956).
Chiesa di San Demetrio (la Parrocchia) – Il 28 marzo 1600 in località “Lacona”, il Notaio Joseph Cappa stila un documento intitolato “Promissio Costruenda Ecclesia Pro Terra Castri Sancti Demetriy”. Gli attori sono i massari della Università, il prevosto di S.Demetrio, Tranquillo De Benedictis, il predicatore della settimana santa Raphael Lucentis che reiterano la seguente richiesta al Vescovo Aquilano: “La Università di Santo Demetrio fa sapere a S.E. essendo detta terra ripartita in sette ville molto distanti l’una dall’altra et in somma malamente situate rispetto alla sua Chiesa Matrice ,(si riferisce a Santa Balbina, attuale Santa Croce), la quale è situata fuori di dette ville et sia perché di esse distarà dalla Villa di San Giovanni di detta terra quasi un miglio per la quale distanza è accorso più volte che alcuni sono morti senza Sagramenti de Santa Chiesa per essere detta Chiesa vecina et comoda come dovrebbe essere oltre che … di un popolo grosso però privato del divino aiuto a esortazioni fatteli dal presente nostro Padre Predicatore have deliberato fare una nuova Chiesa vecino al Castello di detta Terra luogo di mezzo a dette Ville, comodissimo luogo di mezzo….”.
Non sappiamo quanti anni sono stati necessari per la erezione della Chiesa così come oggi si presenta ai nostri occhi. Dal punto di vista architettonico la struttura si presenta banalmente seicentesca ma la parete laterale nord che sotto l’intonaco cela un apparato aquilano, una pietra tombale romana ed una formella con mano a pollice teso, le ultime due sicuramente di sfoglio, sono indizi che richiederebbero uno studio più approfondito. Anche se non in posizione baricentrica, a partire dal 1600 la Parrocchia, sia per la sua funzione, sia per la sua posizione sulla strada che attraversa la vallata, diviene un punto di riferimento per la popolazione del luogo. Ne sono una prova le due meridiane poste una a un lato e l’altra a tergo della Chiesa.
Nel 1736 come attesta la lapide posta nella navata di destra, il Vescovo dell’epoca Domenico Tagliatatela, con rito solenne, consacrò il 16 ottobre la collocazione di reliquie sotto gli altari della Chiesa (Fonte: Carlo Alberto Andreassi).
Collegato presumibilmente alla dea Demetra, l’abitato assunse l’attuale nome nel 1736 dopo l’apertura al culto della seicentesca chiesa dedicata a San Demetrio.
La cappella di Santa Croce sorge in un punto di osservazione unico con una vista che spazia dalla Maiella al Sirente, da Monte Cagno a L’Aquila e ai territori sabini alle sue spalle, sino ai contrafforti del Gran Sasso. Un eventuale luogo di culto eretto lì dove sorge oggi Santa Croce a 853 metri di altitudine, sarebbe stato in contatto visivo con almeno 14 cinte e insediamenti vestini fortificati e avrebbe permesso di controllare i movimenti sul territorio più ricco dei Vestini Cismontani: quello che nella Valle dell’Aterno si estende da Campana a L’Aquila.
Sotto il controllo del punto di osservazione di Santa Croce c’erano le vie di accesso ai territori degli Equi e dei Marsi a sud-ovest, la via verso la Sabina a nord-ovest e a nord quella grande autostrada dell’antichità che era il tratturo.
Per tutte queste ragioni ci sembra possibile ipotizzare a Santa Croce un luogo di culto federale per la ampia comunità distribuita tra la Valle dell’Aterno e il Gran Sasso. La via che collega la porta delle mura poligonali di San Demetrio con l’attuale cappella di Santa Croce, dopo avere attraversato Cardabello, sarebbe stata una sorta di “via sacra” (ancora oggi sacra per gli abitanti del luogo come percorso della Via Crucis) che metteva in comunicazione due luoghi di culto di divinità venerate dalla ampia comunità che gravitava intorno a Separa (il secondo si sarebbe trovato sul terreno pianeggiante subito sopra la porta delle mura poligonali, l’attuale località “Palombaia”).
Grosse pietre squadrate sono state riutilizzate come pietre angolari della cappella. Una misura cm 80X80. Dovevano esserci molti altri blocchi lavorati in situ perché all’inizio del 1900 un intraprendente cittadino di Cardamone ritenne conveniente costruire una teleferica per portare a valle quei blocchi lavorati da vendere per l’edilizia locale. La parte posteriore della cappella, la più antica (sec XVII?) misura metri 5X4. Un nuovo corpo è stato aggiunto raddoppiandone la lunghezza. Accanto alla cappella ci sono i ruderi di una stazione semaforica borbonica di segnalazioni ottiche (studiata da C. A. Andreassi, op. cit. pp. 118 – 119), che è la conferma dell’ampia visibilità che si ha da qui sul territorio circostante.
Sul retro della cappella affiorano i resti di una struttura semicircolare con il suolo in parte pavimentato con grossi ciottoli. Alle spalle della cappella, sul declivio che scende verso Verupola, si sviluppava un ampio recinto documentato dalle foto aeree della RAF. (Fonte: libro di Alberto Rapisarda “I Vestini e il mistero del Pagus di Separa)
A San Demetrio è possibile ammirare i resti del Castello Medievale che sorge su uno stretto crinale all’inizio di uno sbalzo del terreno che attraversa il Borgo di San Giovanni, per terminare sullo sperone roccioso sul quale è stata edificata attorno al 1.100 d.C. la prima chiesa di San Giovanni.
Osservando bene la zona, si possono scoprire i resti del castello, ancora riconoscibile, ma ignorato fino a non molto tempo fa. E’ il “Castrum Sancti Dometrij in villa Sancti Joannis” di cui si parla in un documento dei primi decenni del 1.300 d.C., citato da A. De Matteis.
La struttura medioevale è una cinta di forma trapezoidale lunga 100 metri, con rampa di ingresso dalla parte del villaggio e tre linee di mura dalla parte della Valle dell’Inferno. Gli Spazi pianeggianti del castello sono lastricati con ciottoli. Tracce di muro a grossi blocchi. Che potrebbe essere parte di una fortificazione vestina, affiorano all’interno della cinta medievale. Sette linee di mura a gradoni difendono una mulattiera che risale al castello dal lato del laghetto (ora estinto) che si sviluppa in basso, ai piedi di San Giovanni.
La fortificazione controlla due vie di comunicazione che si incrociano al suo interno: quella che da San Giovanni risale all’altopiano di Santa Croce e a Separa, e quella che mette in comunicazione gli ipotizzati insediamenti della Valle dell’Inferno con la zona del laghetto estinto.
Degna di nota è inoltre la chiesa Santa Maria dei Raccomandati (XIX – XX secolo), la chiesa maggiore, costruita all’inizio del paese, e completata nel 1820, benché abbia aspetti barocchi. La sua imponente facciata in pietra bianca con finestrone centrale, rimasta fortemente danneggiata dal terremoto del 6 aprile 2009, si erge dal tessuto urbano. L’interno a navata unica è decorato dalle tele di Teofilo Patini: Miracolo della croce, rappresentante la redenzione dei moribondi dinanzi alla croce di Cristo, e Carlo Borromeo con un moribondo.
Il Telegrafo Ottico – Verso la fine del XVIII secolo, nella Francia rivoluzionaria, l’ex abate Chappe realizza un sistema semaforico capace di trasmettere informazioni a distanza in tempi ragionevolmente brevi. Le stazioni erano poste in luoghi reciprocamente ben visibili ad una distanza fra loro di una decina di km; gli operatori che le presidiavano, leggevano con l’aiuto di un cannocchiale le posizioni dei bracci del semaforo adiacente che aveva iniziato la trasmissione, per riprodurle fedelmente sulla propria macchina in modo che la postazione seguente potesse anch’essa leggerla e ritrasmetterla. Per motivi pratici e di segretezza, gli operatori lungo la linea non conoscevano il significato dei segnali; soltanto negli uffici governativi, erano disponibili dei vocabolari che permettono la cifratura e la decodifica dei messaggi.
Per quanto riguarda la postazione di San Demetrio né Vestini sul monte Calvario (Santa Croce), nel 1850 viene ceduta l’area al Real Corpo Telegrafico (Regno delle due Sicilie) per la costruzione della “officina di fabbrica”. Il Monte Calvario si collocava sulla linea di trasmissione L’aquila – Monte Calvario – Collemaggiore – Forca di Penne – Rosciano – Chieti.
Ancora oggi è possibile riconoscere i muri perimetrali, a fianco della chiesa di Santa Croce, i quali restano ben visibili per un’altezza di mezzo metro circa oltre a l’osservatorio ovale e la cisterna ormai interrata.
Palazzo Ducale Cappelli: è costruito sul castello, essendo l’unico edificio fortificato del borgo, nonché il maggiore. Si distingue per un grande porticato sul secondo settore. Oggi ospita il Collegio dei Padri Rogazionisti.
San Demetrio ne’ Vestini è anche conosciuta per il “Grano Cappelli”, il prezioso cereale che prende nome dal Senatore abruzzese Raffaele Cappelli, padre della riforma agraria, al quale San Demetrio ha dato i natali il 23 marzo del 1848.
La “Senatore Cappelli” o “Cappelli” è una coltivar di grano duro ottenuta dal genista Nazareno Strampelli, il quale selezionò ed incrociò nel 1915 una varietà autunnale con buone qualità di adattabilità, ottima per la panificazione. A quel grano, nel 1923, fu dato il nome di “Cappelli” proprio in omaggio al Senatore del Regno. Dopo quasi un secolo, il grano Cappelli è ancora coltivato, in particolare nell’Italia meridionale, per la produzione di pasta di qualità superiore, pane e pizza biologici, a basso contenuto di glutine. Dagli inizi del secolo scorso, fino agli anni ’60 il Senatore Cappelli ha rappresentato la base del miglioramento genetico del frumento duro ed è infatti presente nel patrimonio genetico di quasi tutte le cultivar di grano duro oggi coltivate in Italia e di numerose anche a livello internazionale.